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Museo delle Arti del XXI Secolo

27 ottobre 2010

Esterni del cantiere del Museo delle Arti del XXI Secolo a Roma

Lo scorso 30 luglio 2010 è stato inaugurato a Roma, in via Guido Reni, il museo MAXXI (Museo delle Arti del XXI Secolo) progettato dall’archistar anglo-irachena Zaha Hadid. L’occasione pone l’accento su un argomento che a me, come spero a molti altri, sta particolarmente a cuore: la ancor troppa esiguità di opere di architettura comtemporanea nel nostro Paese.

L’Italia abbonda di fantastici capolavori di arte e di architettura, dei quali è giustissimo andare fieri; infatti è soprattutto grazie alla presenza di queste opere che possiamo fregiarci del titolo di terza meta al mondo per numero di visitatori. Questo giusto motivo di orgoglio, questa cospicua eredità, non può però bloccare quello che è il naturale sviluppo dell’arte, della tecnica e dell’architettura di una nazione, cristallizzandone l’esistente, ed impedendo la realizzazione di qualsiasi intervento di architettura contemporanea.

Questo atteggiamento conservatore e conservativo ha gravato il nostro Paese di un ritardo rispetto al resto del mondo davvero difficile da colmare, in particolare se consideriamo anche quanto tempo e fatica richiede, in Italia, la realizzazione di interventi pubblici e privati di una certa consistenza.

Il turista che visita Roma (ma si può dire lo stesso per altre città italiane) trova un enorme patrimonio di arte ed architettura che sicuramente lo impegnerà per molti giorni al fine di essere scoperto e gustato; forse, anzi sicuramente, non gli basterà nemmeno un solo viaggio per poter ammirare tutto. Ma quando una città smette di rinnovarsi, non dando più modo a voci autorevoli di realizzare qualcosa che possa rimanere a testimonianza dello spirito del tempo, allora quella città è morta, e non le resterà altra via che trasformarsi in un museo a cielo aperto, in una contemporanea Pompei visitata da migliaia di persone senza che però nessuno ritorni anche con l’intento di scoprire quanto e come essa stia cambiando.

Una città che amo particolarmente, e che considero emblematica per quanto fin’ora detto, è Londra : l’ho visitata per la prima volta a tredici anni di età nel 1978, in occasione di una vacanza-studio per imparare la lingua inglese. Nell’arco di più di trent’anni mi è capitato di visitarla nuovamente molte volte, ed in ogni occasione l’ho trovata cambiata, caratterizzata da nuovi interventi edilizi ed architettonici che l’avevano modificata profondamente, ma senza che ne fosse mai snaturata l’anima e lo spirito che la caratterizza. Ogni volta diversa, ma sempre la stessa.

Roma, al contrario di Londra, sembra muoversi invece in una opposta direzione, in quanto il vistatore medio tende a considerare come un tutt’uno ed omogeneo il suo patrimonio architettonico, che invece è quanto mai differente presentando caratteristiche delle varie fasi storiche spesso agli antipodi tra loro: la Roma classica ed imperiale ha il suo fascino e splendore grandioso, che è seguito dalla Roma medievale con i suoi vicoli angusti e le sue torri difensive a testimoniare uno stile di vita ormai chiaramente preda della paura e del sospetto; il Rinascimento, poi, fiorisce come una potente primavera grazie anche a nuovi materiali e tecniche costruttive, seguito dal Barocco, che fu una specie di “design” ante-litteram portato all’estremo delle capacità progettuali e realizzative dell’epoca. Con l’Unità d’Italia arriveranno i Piemontesi, e la Città cambierà ancora volto per realizzare quanto necessario alla nuova capitale del Regno: i ministeri, il quartiere Prati, i monumenti commemorativi. Dopo tutto ciò, il regime fascista può essere considerato come l’ultimo ad essere intervenuto sul tessuto urbano ed architettonico della città con una certa consistenza ed una determinata filosofia, prima del “sacco di Roma” da parte di costruttori e palazzinari avvenuto nel secondo dopoguerra, evento che nonostante alcune mitigazioni è tutt’ora in corso.

Mi piacerebbe sapere cosa potrebbero dire e pensare della Roma (così come dell’Italia in genere) di inizio XXI secolo i visitatori o gli studiosi che tra due o trecento anni esamineranno quanto oggi stiamo facendo: quale sarà lo spirito del nostro tempo che potrebbero identificare? Personalmente mi secca oltremodo il fatto che questo spirito possa essere testimoniato da Corviale, dalle Vele di Scampia (peraltro in fase di demolizione) oppure da anonime periferie composte quasi esclusivamente da villini stracolmi di orribili citazioni ed orpelli naif oppure, peggio ancora, neoclassici.

Forse riusciranno a leggere tra le righe, ed a considerare le opere come il MAXXI per quello che sono, ovvero fiori apparsi nell’arido deserto architettonico italiano di inizio del XXI secolo.